Reati contro l’ambiente

Quasi un anno fa, l’Ufficio del Procuratore (OTP) della Corte Penale Internazionale ha avviato lo sviluppo di una politica per affrontare in modo sistematico i reati ambientali.
Attualmente la CPI non persegue i reati ambientali come categoria a sé stante.
Tuttavia, questa iniziativa dell’OTP è guidata dalle richieste di esperti legali, ONG e comunità colpite di ritenere responsabili gli individui per gravi danni ambientali, in particolare quando questi sono collegati a genocidio, crimini di guerra o crimini contro l’umanità. Il processo prevede consultazioni pubbliche per definire un approccio completo all’accertamento della responsabilità per tali reati.

Danni ambientali come deforestazione, inquinamento, sfruttamento delle risorse o spostamenti legati al clima aggravano l’instabilità, approfondiscono le crisi umanitarie e colpiscono più duramente le comunità vulnerabili.
L’argomento centrale è che alcune forme di danno ambientale, quando connesse a genocidio, crimini di guerra o crimini contro l’umanità, dovrebbero rientrare pienamente nel mandato della CPI di garantire responsabilità e deterrenza.

Lo Statuto di Roma già offre appigli giuridici per la responsabilità verso l’ ambiente quando il danno ecologico è usato come metodo di guerra, o quando genera sofferenze che rientrano in un crimine internazionale più ampio. La nuova politica mira a chiarire e sistematizzare il modo in cui i procuratori costruiranno tali casi, anziché trattare il danno ambientale solo in via accessoria.

L’obiettivo è creare criteri di principio per riconoscere e perseguire il danno ambientale quando esso si interseca con i crimini fondamentali del diritto internazionale.

Perché il danno ambientale conta per la giustizia internazionale
La distruzione ambientale non è un inconveniente collaterale: ridefinisce le società. Deforestazione diffusa, inquinamento tossico, estrazione illegale di risorse e spostamenti legati al clima approfondiscono le crisi umanitarie e destabilizzano intere regioni. Le comunità vulnerabili e marginalizzate sono le prime e le più colpite: perdono terra, cibo, salute, cultura e tutela giuridica. Questi danni minano direttamente pace, sviluppo e diritti umani, rafforzando la necessità di trattarli nel quadro della CPI.

Uno sguardo al futuro
Lo sviluppo di una politica ambientale da parte della CPI non è un atto meramente procedurale. Segna un’evoluzione storica del diritto penale internazionale: riconosce che integrità ambientale e dignità umana sono inseparabili. Se attuata con ambizione e rigore, questa cornice potrebbe segnare il primo tentativo sistematico di ritenere penalmente responsabili individui per danni ambientali su larga scala nel diritto internazionale, rafforzando il crescente consenso globale secondo cui il diritto ambientale appartiene al cuore della giustizia, non ai suoi margini.

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